(17 – 22 anni, Settimana Giovani Romania)

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Anche quest’anno, per il gruppo dei ragazzi che hanno terminato la 3° superiore, le nostre parrocchie hanno proposto un campo di servizio nel quale sperimentare e confrontarsi con diverse forme di povertà.
Per il secondo anno consecutivo, in collaborazione con l’associazione “Incontro fra i Popoli” di Cittadella, abbiamo aderito alla realizzazione di un’esperienza di conoscenza e servizio in Romania, in Transilvania, in un paese, Ioanis, abitato principalmente da una comunità Rom.
Sin da subito abbiamo deciso di metterci in gioco riflettendo seriamente sull’opportunità di partecipare, mai avremmo pensato che le difficoltà iniziassero già da casa, quando condividendo il nostro proposito con amici e conoscenti ci siamo sentiti non capiti, a volte derisi e per nulla incoraggiati.
Nonostante ciò, più si avvicinava il giorno della partenza, più sentivamo di voler vivere questa esperienza in profondità, e con entusiasmo ci siamo immersi in questa avventura.
Sapevamo saremmo andati in un paesino dove la povertà fa da mentore e la fame ancora non perdona.
Quando abbiamo iniziato a muovere i primi passi in Romania, notavamo come tutto ciò che ci stava attorno si trasformasse in una sorta di nota stonante con il mondo dal quale veniamo, sembrava quasi una realtà d’altri tempi, quasi impossibile per noi potesse esistere ancora in Europa.
Eppure notavamo come i campi fossero razionati per famiglie, le piccole casette, prive di recinzione, formassero una macchia in mezzo ad immense distese verdi, notavamo gli attrezzi per lavorare la terra, quanto lavoro ci poteva essere stato dietro anche un esiguo campo, notavamo quanta fatica, quanto sudore, ci poteva essere stato per potersi permettere un tetto sotto cui vivere.
Più ci avvicinavamo a Ioanis, il paese che ci ha ospitati, più questa realtà diveniva più marcata.
Domenica abbiamo avuto la possibilità di avere un primo assaggio di questa realtà partecipando ad una messa di rito Greco-Cattolico: abbiamo subito realizzato come persone di culture diverse, ma con la stessa fede, si sentissero unite in un’unica Chiesa.
L’esperienza più intensa però ha avuto inizio solo quando, lunedì, camminando per le strade contorte, piene di ciottoli e difficilmente percorribili, tra le piccole case e le persone che ci abitavano, abbiamo conosciuto i bambini ai quali avremmo fatto animazione.
Non potremmo mai scordare il momento in cui siamo andati tutti assieme a chiamarli e ad invitarli a venire con noi, e come i loro occhi brillassero di gioia al solo vederci.
In quei momenti abbiamo provato tantissime emozioni: gioia, dolore, tristezza, rabbia, compassione, tenerezza… non sapevamo quale prevalesse sulle altre, in quanto troppe erano le cose che ci circondavano e che catturavano la nostra attenzione.
Una delle nostre maggiori preoccupazioni era come comunicare ed interagire con loro, ma è svanita sin da subito, in quanto, gli sguardi, i sorrisi, quegli occhi, i loro abbracci, le loro strette di mano, erano detti con il linguaggio universale dell’Amore, del bisogno di affetto, ci si capiva perfettamente attraverso il cuore, senza il bisogno di parlare.
Non sentivamo alcun muro, alcuna diversità, alcuna superiorità o inferiorità, quando stavamo assieme ogni pregiudizio o ogni differenza sia economica, sia culturale, sia religiosa, scompariva.
Sembrava quasi che il momento del gioco spogliasse ognuno di noi della propria identità e ci permettesse di essere più aperti verso il prossimo.
Ci capitava di soffermarci a guardarli giocare e notare quanta felicità dimostrassero, ma subito dopo pensare che quelli potevano essere solo pochi momenti felici, perché magari, purtroppo, la realtà che vivono in casa non è delle migliori, non solo a livello economico…
Ci facevano particolare tenerezza quei bambini che giocavano in ciabatte e poco dopo le perdevano, ma subito le rimettevano, senza darci troppo peso. Pensavamo come sarebbe stato bello se avessero avuto delle buone scarpe anche loro.
Piccoli accorgimenti che ci hanno spinto a riflettere su quanto noi abbiamo e non sappiamo apprezzare fino in fondo, a volte per la fretta o la frenesia dettate dalla società in cui viviamo, a volte per l’abitudine di dare tutto per scontato.
Molto spesso ci lamentiamo di ciò che abbiamo sottovalutandolo, loro invece, nonostante non abbiano le possibilità ed i mezzi per realizzare i propri sogni, hanno comunque il sorriso sempre stampato sulle labbra.
Abbracciarci, saltarci sulle spalle, tenerci per mano di continuo, stuzzicarci, anche se per qualcuno poteva risultare un po’ pressante, è stato il loro modo di dimostrarci affetto donandoci piena fiducia sin da subito.
Questo aprirsi verso di noi con semplicità facendo a gara tra loro per ricevere un nostro sorriso, un nostro sguardo, una nostra attenzione, ci ha mostrato la grande disponibilità ad ospitarci nonostante fossimo estranei in casa loro.
Ci siamo affezionati in così poco tempo senza rendercene conto che le lacrime finali sono state un misto tra la gioia dell’amore sincero ricevuto che solo un bambino può dare, e la tristezza di aver percepito il grande bisogno di amore che però l’ora di rientrare non ha permesso di colmare.
Dal momento che abbiamo avuto modo di provare queste emozioni, toccando con mano questa realtà di periferia, la riteniamo un’esperienza che ci ha veramente aperto gli occhi facendoci comprendere cosa ha veramente valore nella vita, facendoci crescere, andando dritta al cuore.

Ringraziamo il Signore per questa settimana vissuta insieme, e la nostra preghiera diventi fiducia perché il seme che è stato gettato possa portare frutti di amore e attenzione verso il prossimo, e di capacità di non fermarsi di fronte ai pregiudizi senza aver toccato con mano l’esperienza concreta, per il resto della nostra vita.

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