Dovevo fare la tesi per la mia laurea triennale in Cooperazione allo sviluppo presso l’Università di Padova. Tra noi laureandi in cerca di una buona opportunità di tirocinio giravano nomi di Onlus, ONG, associazioni e organizzazioni varie che accoglievano i giovani per periodi di stage anche all’estero. La mia attenzione fu catturata da una piccola ONG vicino a casa mia, si trattava di “Incontro fra i Popoli”.
Mi presentai alla sede dell’ONG a Cittadella in un pomeriggio d’inverno e fui accolta dal presidente.
Era felice! Lui crede tantissimo nei giovani, nelle loro iniziative, nella loro inventiva e nel loro entusiasmo! Leopoldo, il presidente mi aiutò così a completare e a stilare bene il piano di tirocinio che avevo previamente concordato con il mio relatore dell’Università.
Dovevo partire. Qualche preparativo tecnico e poi via verso il continente africano.
Era l’alba del 2 marzo 2006 quando misi piede per la prima volta nel cuore dell’Africa nera. Mi trovavo nell’aeroporto di Douala in Camerun.
Dopo poche ore ero già immersa nel caldo umido di Yaoundé, la capitale, e la attraversavo a bordo di una jeep dell’ONG CAFOR, associazione camerunese partner di Incontro fra i popoli.
Ho trascorso tre mesi in Camerun, di cui uno nella zona sud tra Bafia e Yaoundé e due a Maroua nella provincia dell’Estremo Nord ai confini con il Ciad.
Durante il primo periodo, essendo in prossimità della zona in cui si concentrano le istituzioni, ho raccolto tutto il materiale informativo di cui avevo bisogno per stilare la tesi, poi mi sono trasferita all’Estremo Nord a bordo di un treno che attraversa tutta la spina dorsale del Camerun e che fa scoprire al viaggiatore un paesaggio stupefacente che va dal verdeggiante ed umido sud al desertico e secco nord. Nonostante le numerose ore di viaggio e la stanchezza non riuscivo a staccarmi dal finestrino che mi mostrava, come un proiettore, una serie di diapositive meravigliose; paesaggi che solo immaginavo esistessero e che ora stavo vedendo con i miei occhi! Il tutto faceva da cornice ad un popolo di venditori che assalivano il treno alle varie fermate offrendo vari cibi tipici tra cui i famosissimi bâton de manioc (manioca fermentata, pestata nel mortaio e poi avvolta in foglie di banano e cucinata al vapore).
Passai due mesi visitando più di venti villaggi disseminati in tutte le sei province della regione dell’Estremo Nord sempre appoggiata dalla CAFOR in loco e, a distanza da Incontro fra i popoli e dall’Università di Padova.
Ma questa non è stata solo un’esperienza di tirocinio, di tesi o di studio. Questa è stata un’esperienza di vita fatta di persone, di luoghi, di musiche e colori.
A volte, persa nell’ordinare i miei appunti nell’ufficio della CAFOR, udivo in lontananza il profondo suono di un tamburo su cui si dibattevano armoniosamente le mani di un camerunese, altre volte rientrando dal mercato mi imbattevo in gruppi improvvisati di persone che danzavano al ritmo del battito delle mani e cantavano; altre volte invece, mentre si attraversava un villaggio si udiva solo il silenzio dell’harmattan (vento caldo e secco proveniente dal Sahara) che alzava una nuvola di polvere chiara, di quello stesso chiarore pallido che ha la sabbia del deserto, asciutta e piena di niente.