Non é certamente possibile pensare di uscire dal problema della povertà senza prendere in considerazione la complessità dell’interazione tra le differenti problematiche che affliggono le popolazioni rurali a tutti i livelli. La mancanza di un tale approccio potrebbe infatti essere all’origine della debolezza dell’iniziativa di riduzione della povertà o addirittura della sua inefficacia nel lungo periodo.

Senza considerare la pluralità degli aspetti si rischia dunque di veder cadere l’azione prevista senza che essa abbia veramente prodotto un cambiamento (né nella vita, né nella mentalità delle persone).

Tuttavia, per i limiti spaziali e temporali che lo identificano, è impossibile per un singolo progetto di sviluppo impegnarsi in tutti i differenti aspetti; esso può però porre le condizioni necessarie perché altri soggetti possano efficacemente svolgere il loro ruolo.

Seguendo i risultati della presente inchiesta, emerge che gli aspetti che bisogna senza dubbio affrontare al fine di ridurre la povertà sono gli stessi tre esaminati nel sottocapitolo riguardante le cause; sarebbe a dire l’insufficienza di formazione, l’insufficienza di reddito e la mentalità delle popolazione.

Si è dunque giunti alle seguenti riflessioni:

  1. Un progetto di sviluppo non deve limitarsi a fornire un bene materiale o dei mezzi, ma deve prevedere dei meccanismi per assicurare il loro mantenimento nel tempo. Ci sono sempre dei costi legati ai beni materiali che necessitano di essere coperti con rispettive entrate monetarie. Un piccolo esempio legato all’attività di Cafor: se vengono costruiti dei pozzi, è necessario prevedere allo stesso tempo un aumento del reddito, necessario a coprire l’aumento dei costi derivati dall’utilizzo e manutenzione dei nuovi mezzi a disposizione. Al contrario sarà estremamente facile che i beneficiari comincino ben presto a trascurarli.
  2. L’appoggio tecnico non può terminare spazialmente e temporalmente con i progetti di sviluppo; a questo livello, dove possibile, sarebbe necessario un intervento da parte delle istituzioni nazionali (appoggiate da quelle internazionali), attraverso un finanziamento ininterrotto e diffuso ad attività di formazione e di appoggio tecnico, affidando l’implementazione di ciò regionalmente a diverse Ong o gruppi di Ong, anziché a tecnici e strutture statali che risultano ingombranti e spesso inefficaci.
  3. E’ necessario che la comunità si senta responsabile, a partire da ciò che si è ottenuto, dell’elaborazione di soluzioni ai restanti problemi percepiti dagli stessi abitanti o che emergeranno in seguito. Infatti, dopo aver invertito il circolo vizioso della povertà, trasformandolo magari in un circolo virtuoso, sarà necessario “rendere accettabile la qualità della vita nelle aree rurali, attraverso tutte le opportunità (redditi soddisfacenti, servizi, educazione, attività culturali e ricreative, etc.) che in genere rendono la vita urbana desiderabile”; ovvero migliorare la vivibilità a livello rurale sotto tutti gli aspetti materiali e immateriali. In particolare per quel che riguarda gli aspetti immateriali, solamente i membri facenti parte della comunità possono conoscerne i bisogni e i desideri e sono loro dunque che dovranno agire in prima linea al fine di individuarli e di soddisfarli.

Soltanto in questo modo sarà possibile porre un freno all’esodo rurale e rispondere allo stesso tempo alla necessità di un modello alternativo di sviluppo, che sia più sostenibile del modello di sviluppo urbano.