Sembra un mercoledì come tutti gli altri, in cui dopo aver lavorato posso tornare a casa e riposare, ma oggi no, c’è qualcosa che devo fare, c’è una persona che devo incontrare. Ad aspettarmi presso la sede dell’associazione Incontro fra i Popoli di Cittadella c’è il suo presidente, Leopoldo.

E’ ora di andare. Con l’agitazione e l’incertezza che accompagna ogni nuovo incontro, attraverso il corridoio dell’edificio, permettendo a me stesso di lasciarmi condurre dalla situazione senza resisterle. Busso alla porta, prendo un bel respiro ed entro.

Un’ampia stanza, illuminata dal sole di giornata, accoglie tre tavoli nei quali sono all’opera tre persone e tra queste Leopoldo. Una stretta di mano, ci sediamo e iniziamo a parlare.

Il colloquio diventa subito un’informale chiacchierata. Le prime battute sono formali certo, come si conviene a ogni primo incontro, ma poi lo scambio si fa più leggero e Leopoldo mi racconta di suo figlio, del suo lavoro e nel farlo scorgo in lui un uomo riflessivo, forse nostalgico.

Il mio pensiero si racchiude in una sola domanda: come può quest’uomo essere lo stesso che poco prima avevo visto sul giornalino dell’associazione, scortato da militari armati nel bel mezzo del Camerun?

Mi racconta dei suoi anni trascorsi in Africa, dei suoi viaggi in Sri Lanka e in Nepal, di come sia lavorare in quei paesi difficili e come si debba entrare con discrezione nella vita di queste persone. Ora penso che la pacatezza e la nostalgia della sua voce nascondino un uomo coraggioso e determinato.

La conversazione procede. Parliamo delle mie aspettative sul tirocinio e di cosa mi piacerebbe fare, di quali sono le opportunità che l’associazione può offrire. Tra un discorso e l’altro, Leopoldo mi fa la sua proposta: andare in Nepal.

In Nepal, mi racconta Leopoldo, l’associazione collabora con realtà territoriali a sostegno delle donne che aderiscono alla Women for Human Right, un’associazione per la riappropriazione dei diritti delle donne nepalesi rimaste vedove e quindi private di fondamentali diritti umani. Le donne si suddividono a livello locale in piccoli gruppi base. La struttura è del tipo ad albero e tutti i gruppi base sono raggruppati in gruppi, sovraordinati sia a livello di microzone territoriali, sia a livello di macrozone distrettuali.

La proposta per me, mi spiega Leopoldo, è quella di studiare i piccoli gruppi base della regione di Surkhet nel Mid-Western, e analizzare la struttura e le dinamiche interne in relazione delle diverse caste di appartenenza dei componenti del gruppo.

Poi la proposta si arricchisce di ulteriori due prospettive di ricerca, una rivolta agli youth groups, formati da giovani figlie delle donne vedove o vedove loro stesse. L’altra tesa ad analizzare come la presenza delle caste influenzi il processo di educazione dei figli.

L’idea mi sembra subito interessante e costruita su misura. La paura di non trovare qualcosa di adatto a me svanisce e rimane la felice constatazione di aver preso parte ad un colloquio costruttivo, rivestito con i dolci connotati un’amichevole chiacchierata, in compagnia di un bel gruppo di persone e di un buon caffè.

Ormai è arrivato il momento di salutarci e Leopoldo mi accompagna alla porta come si usa fare in Africa. Gli stringo la mano e mi incammino verso l’auto, contento di aver passato un mercoledì diverso da molti altri.