Una giovane ragazza, proveniente da una famiglia di gran cuore, una ragazza solare il cui mondo è un po’ reale e un po’ proiezione dei suoi sogni, che ha sempre vissuto in una bolla di sapone, senza mai essersela dovuta vedere veramente da sola con il mondo e forse neppure con se stessa, tenuta in un palmo di mano dalla nonna, la mamma, la sorella e il papà, tutto sommato sempre con le spalle coperte … questa sono io! O almeno lo ero prima del soggiorno in Nepal.
Non è stato facile essere catapultata in un mondo così lontano, non solo geograficamente. Il dolore del distacco dalla mia famiglia e dagli amici, che tanto amo e che infinitamente mi amano, è stato talmente forte da farmi vivere le mie giornate, una volta arrivata in Nepal, con il solo desiderio di rivederli.
Questo mio stato d’animo ha fatto sì che riuscissi a cogliere solo immagini e situazioni dolorose di profonda povertà che le strade di Kathmandu mi sbattevano in faccia. Non riuscivo più a sorridere e neppure a godere dei meravigliosi paesaggi che i paesi lontani dal caos della città mi offrivano e di quell’incredibile fortuna che sapevo di vivere, ma che non scalfiva la voglia di tornare alle mie sicurezze e all’affetto dei miei cari.
Dopo un primo mese vissuto così, qualcosa è cambiato grazie a ciò che di più semplice accomuna ogni dove, l’amore che alcune persone, che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio cammino, mi hanno dimostrato, ma non a parole (poiché era spesso difficile comunicare, visto il mio scarso livello nepali), ma con i loro piccoli gesti, grandi sorrisi, dolci sguardi e caldi abbracci, senza pretendere nulla in cambio se non lo stesso amore. Tutto è iniziato con un viaggio a Surkhet (20 ore di autobus), durante il quale ho incontrato due donne meravigliose.
Rupshila, donna giovane e minuta, visibilmente provata dalla vita, che le aveva riservato il duro destino di vedova, con un carattere ed un carisma che farebbero invidia, custode del centro regionale del WHR – ‘Donne per i Diritti Umani’ (associazione partner di Incontro fra i Popoli, che si occupa dei diritti delle vedove presso cui eravamo ospiti). Rupshila si occupava di coccolare il mio stomaco con abbondante ‘dal bath’ (tipico piatto nepalese: riso, lenticchie, verdure al curry, verdure verdi e salsine piccantissime!!). Inizialmente era distaccata, non mi faceva entrare in casa, nè lei nè suo figlio mangiavano in mia presenza, com’è normale per loro con un ospite lontano venuto da lontano.
Devi, la vicina di casa di Rupshila, si occupava dell’orto che avevano in comune. Timida e riservata, fin dall’inizio, con il suo sguardo e i suoi sorrisi, faceva trasparire una grande umanità e un cuore molto affettuoso.
Con loro ho cominciato ad essere rapita dalla serenità che ogni cosa in quel magico posto trasmetteva, il vento che dolcemente mi accarezzava, la magia dei colori di un tramonto come mai l’avevo visto e il cinguettio degli uccelli.
Il mio sorriso è tornato grazie al dolce sorriso che Devi mi regalava ogni mattina, accompagnato dopo tre giorni da calorosi ed affettuosi abbracci.
Anche Rupshila dopo qualche giorno cominciava a cambiare atteggiamento: mi invitò ad entrare a casa sua, a cenare con lei e il figlio, per poi mostrarmi orgogliosamente le foto della sua gioventù e della sua famiglia.
Mi ha pure insegnato a fare il chapati, la piadina nepalese fatta di farina e acqua, riempita con patate e coriandolo.
Il giorno della partenza Rupshila mi ha raggiunto in camera e, con timidezza ed emozione, mi ha messo tra le mani un suo braccialetto, dicendomi di dire a mia mamma che me lo aveva regalato mia sorella di Surkhet.
Con un nodo in gola, Rupshila e Devi mi hanno accompagnato al piazzale degli autobus, ricoprendomi di cibo per il viaggio, regali per non scordarle mai e mille raccomandazioni soprattutto rivolte all’autista, affinché ci guardasse con un occhio di riguardo. Non è mancata una lacrima da parte mia, seppur consapevole che anche un po’ di me sarebbe rimasto per sempre lì con loro.
A Kathmandu … un’anziana signora buddista incontrata in un tempio, dopo che ci eravamo scambiate un sincero sorriso, mi ha preso la mano e mi ha accompagnata alla preghiera … Rajin, collaboratrice del WHR, buddista anche lei, e suo figlio Phius, mi hanno invitata a casa loro per farmi festeggiare in famiglia il Natale …
Grazie a tutte le meravigliose persone che fanno parte della grande famiglia di Incontro fra i Popoli per avermi dato questa grande opportunità.

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Gioia Bergamo-1